Quando nasce un figlio: l'incontro con la disabilità.
- baldassarrigiorgia
- 5 dic 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Quando nasce un figlio avviene una variazione all’interno della famiglia, nulla rimane uguale, e, come sappiamo, il cambiamento appartiene all’essenza della vita. Nei futuri genitori si crea un incessante movimento interno di sogni, desideri, paure, speranze, progetti, nella cornice dell’imparare a occuparsi e pre-occuparsi dell’altro. Si prepara l’ambiente fisico per l’arrivo e lo spazio mentale per accoglierlo.
Cosa succede quando il figlio tanto atteso non corrisponde al figlio idealizzato? Quando alla nascita o durante la crescita ci si accorge che qualcosa non va nello sviluppo del bambino?
La comunicazione della diagnosi è un evento delicato, modifica la quotidianità, le relazioni interpersonali, modifica il senso della vita attribuito fino a quel momento, gli investimenti progettuali, i sogni, i desideri. Muove reazioni emotive, dubbi, disagi, speranze. Che si tratti di una invalidità fisica, di una malattia cronica genetica o di una disabilità psichica, sono diverse le situazioni che il bambino e la sua famiglia si troveranno ad affrontare ed ognuno avrà le sue reazioni emotive e comportamentali, anche in base alla propria personalità, allo stato psicologico ed emotivo, alle caratteristiche intrinseche della diagnosi comunicata, alla rete di supporto sociale che lo circonda.
La diagnosi il più delle volte si presenta come una minaccia all’identità e alla socialità. Questo succede se si guarda alla diagnosi in maniera unilaterale, senza considerare l’altra faccia della luna. Se si mettono in atto adeguate strategie di coping che ognuno di noi ha, si può tirar fuori una riserva di energie e di risorse inimmaginabile e mettere in campo diverse risposte adeguate alle specifiche situazioni. Attraversare il dolore, la negazione, la rabbia per giungere alla consapevolezza delle risorse. Trasformare la sofferenza in possibilità, spostare lo sguardo e concentrarsi sul “cosa posso fare” anziché sul “cosa non posso fare”, ristabilire un contatto con il presente e con il futuro in una diversa dimensione di progettualità ancora presente. Avviene una sorta di patteggiamento interiore: si rinuncia all’illusione di onnipotenza per accettarsi con la propria vitalità e i propri limiti, per trovare la propria forza in vista di un investimento su una nuova identità, meno irrealistica e più autentica.
Di fronte ad una malattia l’atteggiamento abituale è quello di ricercare rapidamente una cura che possa portare alla guarigione, nel caso della disabilità bisogna fare un delicato quanto necessario passaggio dal to cure “curare” al to care “prendersi cura”: questo cambio di prospettiva permette di mantenere il benessere nella famiglia. E’ importante sapere di non essere soli, mobilitare tutte le risorse interne ed esterne, far riferimento a specialisti ed équipe multidisciplinari che possano prendere in carico il bambino e la famiglia nei vari ambiti della vita: salute fisica, benessere psicologico ed emotivo, autonomie, diritti, socialità.
La disabilità non vieta di vivere una vita dignitosa, di fare esperienze, anche nelle situazioni difficili è possibile raggiungere obiettivi, essere dinamici e appropriarsi di autonomie, provare affetti, trovare il benessere e il proprio equilibrio, in uno spazio fisico e mentale in cui ogni individuo potrà esistere nella propria unicità.
Dott.ssa Francesca D’Astolfo
Psicologa clinica e forense – Esperta in BES e Tutor degli apprendimenti nei DSA
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